giovedì 31 maggio 2007

A Noi le Pensioni!

Silvio Berlusconi lo annunciò nel 1994, allorquando era a capo della prima esperienza governativa del centro destra: “per raddrizzare il Paese è necessario apportare delle modifiche al sistema pensionistico”. Un boato squarciò le piazze di mezza Italia. Lo presero per pazzo, sindacati in testa. Poi, una volta messo alla porta da Palazzo Chigi, tutti, nessuno escluso, gli hanno fatto eco: “per il Paese non è necessaria, ma vitale una riforma delle pensioni”. Quasi ammiccando. A dimostrazione che cambia il musicista ma non la musica, il pastore ma non il gregge. Poi nel corso di questi anni nel Bel Paese in tanti si sono affilati, da auditorium in videotorium, per dire la propria sulle pensioni. E sempre più spesso è emersa chiara una cosa: che da qui a qualche anno -taluni dicono il 2020, talaltri invece, prevedono addirittura il 2010- non ci saranno più i soldi per le pensioni. Ed è stato ripetuto più volte come un appello premonitore spalmato poco alla volta sulla pelle degli italiani, da chi di pensioni se ne intende più di ogni altro, vale dire Ciampi, Dini e Fazio, ossia la triade del doppio Stato: quello politico e quello economico. Oggi dunque, agli italiani non rimane che assistere desolati agli effetti di una cattiva quanto non remota gestione della politica. C'è chi le pensioni vuole tagliarle, e chi invece, vorrebbe applicare loro la legge del taglione. Mentre altri –ci si riferisce a chi, dal sacro mondo delle pensioni rimarrà tagliato fuori, (disoccupati, maloccupati e neooccupati)- insorgono: “Tagliate i privilegi!” affermano con tono deciso. È senza torto. Saranno rimasti a bocca aperta quando, sfogliando il settimanale l'Espresso, hanno trovato in bella mostra la conclave dei super privilegiati, fra i quali compare anche chi, dei tagli alle pensioni, vuole farsene una rendita politica in un contesto europeo. Conti in tasca dunque, a banchieri, politici, sindacalisti, manager e giornalisti. Secondo l’esauriente dossier del settimanale, sono 50 gli uomini d'oro che percepiscono soldi a fiumi, ma gli italiani che ricevono mediamente un assegno da 19 milioni ogni mese, sono 2.310. Il motto sembra essere questo "tagliamole ai poveri per darle ai ricchi", una specie di Robin Hood all'incontrario. Citando in ordine i più conosciuti troviamo l'ex governatore della Banca d'Italia, ex Presidente del Consiglio, ex ministro e attuale capo dello Stato (quello economico) Carlo Azeglio Ciampi, l'uomo che ha ricoperto tutte le cariche più importanti senza essere mai stato eletto da nessuno. L'assegno, o meglio gli assegni di Ciampi provenienti da Inps e da Banca d'Italia S.p.A., ammontano a 852.423.639 l'anno, che diviso dodici fa 71 milioni mensili. Be’, lordi s’intende. Lamberto Dini attuale ministro degli esteri sempre da Inps e Banca d'Italia S.p.A. incassa 650.529.477 l'anno, vale a dire 54 milioni al mese. Giuliano Amato attuale ministro del Tesoro, percepisce la pensione erogata direttamente dal tesoro: 441.599.304 ossia 36.800.000 di lire il mese. Il senatore Di Pietro, già da quando aveva 45 anni è titolare di una pensione di poco più di 4 milioni di lire al mese. Il sindacalista Larizza segretario generale Uil percepisce 77 milioni l'anno, circa sei milioni al mese. Il giornalista Vittorio Feltri tra Inps e Inpgi preleva ben 347.817.030 l'anno, vale a dire quasi 30 milioni al mese. Ernesto Pascale, manager, consulente ed ex amministratore di Telecom Italia incassa dall'Inps 547.761.500 cioè oltre 42 milioni, sulla sua pratica figura la dicitura "recupero indebito in corso". Tuttavia, l'esempio peggiore arriva dai parlamentari. Basta una legislatura, infatti, per assicurarsi un trattamento pensionistico da passare il resto della vita a comprare gelati ai bambini: 3.700.000 ogni mese; con due legislature, 5.200.000; tre legislature, 7.000.000 e cosi via fino ad arrivare agli oltre 15 milioni di chi legislature ne ha collezionato ben sette. Peraltro, il numero dei parlamentari messi a riposo, e di gran lunga superiore ai 955 tra deputati (630) e senatori (325). Beneficiano di privilegi quasi fossero in carica. A cominciare appunto dalle pensioni. Ma lo sperpero di risorse pubbliche e dato soprattutto dalle indennità (d'oro anche queste ovviamente). Non ultimo infatti, è il sostanzioso aumento di stipendio che i deputati si sono autoconcessi in Giugno, adeguando cosi l'indennità a quella dei senatori che già dal mese di Gennaio percepivano 1 milione e 300mila in più ogni mese.

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