giovedì 31 maggio 2007

Gli amici del Ragioniere

Giampiero Fiorani.

Le sue specialità sono lo shopping e i debiti. Fa debiti per fare shopping, e facendo shopping fa altri debiti. E’ il banchiere più rampante e chiacchierato del momento. Non solo per la scalata dell’Antonveneta, sponsorizzata dall’amico Antonio Fazio che sventola il tricolore contro i presunti “invasori” olandesi dell’Abn Amro. Ma anche per le svariate inchieste per bancarotta fraudolenta - Cirio, Parmalat, Hdc - in cui è rimasto impigliato: uno dei destinatari della tentata e sventata legge salvacrac era lui. Gianpiero Fiorani, amministratore delegato della Banca Popolare di Lodi, è l’emblema della nuova finanza italiana, o all’italiana. Quella che pontifica di mercato e concorrenza, ma poi si rifugia sotto il paracqua della politica e delle parrocchie. In pochi anni s’è gonfiato come la rana della fiaba. E c’è chi giura che sia lì lì per scoppiare. Che la crescita tumultuosa di Bpl (attivi sestuplicati in 7 anni) sia costruita sulla sabbia. E che, se l’affare Antonveneta finisse male, i nodi verrebbero al pettine. A cominciare dalla montagna di debiti che qualcuno calcola in 9.4 miliardi (1.1 volte i depositi dei clienti).

Il ragionier Fiorani, da poco diplomato, entra in banca nel 1978. E’ cattolico, ma soprattutto democristiano. Infatti è un Dc doc, il patron della Popolare di Lodi Carlo Cantamessi, ad aprirgli le porte della banca e a promuoverlo direttore di filiale. La laurea in Scienze Politiche Fiorani la prenderà solo a fine anni 90. Intanto fa carriera gestendo un bel po’ di dossier ad alto rischio: ristruttura il gruppo in Sicilia (dove ha inglobato ben cinque banche), entra nella Banca Rasini (che poi si fonderà con Bpl), acquista la Mercantile dal gruppo Fondiaria. Essendo una banca popolare, la Lodi dovrebbe rispettare rigidi limiti al possesso azionario. Ma il Ragioniere li aggira comprandosi l’Iccri, Istituto Centrale Casse di Risparmio, ribattezzato Banca federale europea e poi Reti bancarie. E’ tramite la nuova holding che Fiorani avvia lo shopping, finanziato con un tourbillon di aumenti di capitale. Compra piccole banche decotte, le risana, le rilancia. Intanto Bpl ingrassa: oggi è fra i primi 10 istituti d’Italia. E nel ’97, quando muore Angelo Mazza, l’ultimo patron della Bpl, Fiorani diventa un uomo solo al comando. Il primo stop arriva con la scalata della Popolare di Crema, un capolavoro di non trasparenza: tutto in Svizzera, a colpi di società off-shore. Arrivano gl’ispettori della Consob di Luigi Spaventa, i giudici indagano per falso in bilancio e uso di informazioni riservate. Ma finisce tutto in archivio, salvo una modesta oblazione. Ormai Fiorani è sotto l’ala protettiva di Antonio Fazio, il cattolicissimo governatore di Bankitalia che nel 1991, nel 1999 e nel 2001 gli ha mandato gl’ispettori. Il Ragioniere diventa amico della moglie e offre uno stage alla Bpl al figlio e al genero del governatore. In più si guadagna l’eterna gratitudine di Santa Madre Chiesa firmando un accordo con la Cei di Ruini per sponsorizzarne le iniziative culturali e finanziare la ristrutturazione delle parrocchie.

Col Cavaliere, tutto liscio: il papà Luigi Berlusconi lavorò per una vita nella Rasini, indicata da Sindona come la banca del riciclaggio della mafia a Milano, poi assorbita dalla Bpl che custodisce le carte di tutte le operazioni riservate; Ennio Doris di Mediolanum è un ottimo alleato di Bpl; e Paolo Berlusconi ha avuto da Bpl i 50 miliardi di lire necessari per evitare il carcere nel processo per la discarica di Cerro. Ma la Lega Nord non ama la finanza cattolica: minaccia di votare per il mandato a termine di Fazio. Il Ragioniere provvede subito: salva la banca padana Credieuronord dal crac che rischia di trascinare in tribunale un bel po’ di papaveri leghisti e sul marciapiede tremila azionisti in camicia verde. Da quel momento la Padania comincia a elogiare il Governatore. Che conserva la poltrona a vita.

Poi c’è la sinistra: anche lì, ottimi sponsor. Nell’arrampicata dell’Antonveneta, Fiorani ha due sherpa d’eccezione: la Hopa di Chicco Gnutti, già “capitano coraggioso” di D’Alema nell’affare Telecom; e l’Unipol di Giovanni Consorte, la potentissima assicurazione delle coop. Tutti soci di Bpl, insieme a Barilla, Colaninno, Emilio Riva (quello degli acciai) e i palazzinari romani al seguito di Stefano Ricucci. Ma la banca padovana è un boccone troppo appetitoso per non portare inimicizie: il Ragioniere si gioca i rapporti con Cesare Geronzi di Capitalia, l’altro pupillo di Fazio; e incontra sulla sua strada un osso duro come Guido Rossi, consulente degli olandesi. Che denunciano Bpl alla Procura di Milano. L’ennesimo guaio giudiziario. Ma il Ragioniere è abituato. Già qualche anno fa, diceva di sè: “Non finirò all’inferno, ma mille anni in Purgatorio sono probabili”. E lui, anche nell’Aldilà, ha le sue brave aderenze.

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