giovedì 31 maggio 2007

Le Regioni

le regioni non dovrebbrero esserci, visto che abbiamo un esercito di politici a Roma, a che servono anche ste case di riposo (d'oro)?????
Che se ne fa il Molise dell’ultimo modello di circuito per videoconferenze malgrado lo utilizzi pochissimo? E’ proprio indispensabile che la sede della Regione Liguria sia ospitata in un palazzo storico del centro che costava già alla fine del 2003 oltre 100 mila euro di affitto per 380 metri quadri? E ancora, le cucine (vorremmo sapere se provviste di cuoco e camerieri) delle regioni Abruzzo, Liguria e Sicilia sono assolutamente necessarie?
Ufficialmente nei bilanci regionali non esistono, ossia sono spalmate in una pluralità di capitoli di spesa (da «organi istituzionali» a «funzionamento e strutture»). In realtà, le sedi a Roma delle Regioni, per costi e personale, si sono ormai trasformate, da punti di smistamento di pratiche burocratiche, in piccole «ambasciate» dei governatori a Roma. Intendiamoci, non è che queste strutture, alle dirette dipendenze dei presidenti delle giunte regionali, non abbiano una funzione importante. Anzi, dalla metà degli anni Settanta, da quando cioè le Regioni hanno messo radici a Roma, sono via via aumentati i loro compiti di acquisizione e trasmissione di informazioni, atti e documenti. E ciò di pari passo al crescente ruolo della Conferenza delle Regioni nei rapporti con governo, parlamento e Unione europea.
Però, in periodi di tagli generalizzati e «austerity» finanziaria, saltano all’occhio le ricche «dotazioni» garantite dalle Regioni ai loro punti d’appoggio nella capitale, stando almeno ai dati raccolti alla fine del 2003 dall’unico dossier esistente sull’argomento, realizzato da Riccardo Bellucci per Lapolis, il laboratorio di studi politici e sociali diretto ad Urbino da Ilvo Diamanti.
Sempre che per risparmiare non ne abbia dismessa una nell’ultimo biennio, lascia perplessi che il governatore della Lombardia Formigoni abbia a disposizione due auto blu e due autisti per le sue trasferte romane o che il Friuli possa contare su due maxi-sale riunioni o che la Campania abbia allestito nella capitale ben tre servizi regionali con a capo di ciascuno di essi un dirigente e sopra di loro un coordinatore generale. Oppure che, oltre a un salone-convegni da 120 posti, la Lombardia metta a disposizione dei suoi dieci dipendenti 4 fotocopiatrici e la Sardegna abbia 18 computer per tredici addetti.
Tra affitti dei locali, stipendi, convegni, corsi di aggiornamento professionale, auto blu (alcune blindate a disposizione di presidenti e assessori in soggiorno a Roma), telefono, elettricità, riscaldamento, pulizie, spese di rappresentanza, manutenzioni, la «foto» che esce dall’indagine condotta nel 2003 sembra dar ragione all’ordine del giorno recentemente votato all’unanimità dal Consiglio nazionale dei Ds per richiamare chi amministra a «rigore morale e sobrietà nei comportamenti». Un monito che ricalca quello lanciato nel 2000 ai governatori dal ministro del Tesoro Visco («le vostre spese sono fuori controllo e gravano in modo preoccupante sul bilancio dello Stato») ma che non sembra aver trovato accoglienza. Un esempio? Tutte le sedi a Roma dei governatori hanno un numero di stanze superiore a quello degli impiegati, maxi-uffici, tutti nel centro, come quello da 1100 metri quadri della Lombardia.
Le dimensioni delle «ambasciate» dei governatori sono in genere notevoli (mille mq la Sicilia, 650 il Friuli). In un labirinto di «spese economali e di ordinaria amministrazione», «delegati alla rappresentanza» e «consegnatari cassieri», emerge una sproporzione tra costi ed effettive attività svolte dagli uffici di Roma. Nelle sedi di Abruzzo e Puglia (che hanno rispettivamente 10 e 11 dipendenti) si sono tenute fino al 2004 soltanto da 10 a 15 riunioni all’anno; la quantità di documenti protocollati negli uffici romani della regione Umbria (4 addetti) non raggiunge la quota annua di 300, cioè meno di uno al giorno. Campania, Sardegna e Valle d’Aosta hanno ospitato in un anno una ventina d’incontri tecnici ciscuna, quasi tutti in preparazione dei «briefing» che si tengono al Cinsedo, il Centro studi e documentazione della Conferenza dei presidenti delle Regioni.
Eppure gli uffici romani delle giunte, a fine 2003, sfioravano i duecento addetti (16 la Campania, 15 la Sicilia, 14 la Sardegna) in un proliferare di strutture e servizi. Personale in abbondanza, dunque, e quasi tutto con qualifiche elevate. Ben due terzi di quanti lavorano nelle sedi romane, infatti, fanno capo alle categorie direttive, con una media molto superiore a quella degli altri dipendenti regionali. Su sedici dipendenti la Campania ha 4 dirigenti, 11 funzionari di qualifica superiore e un solo impiegato. Si registra, inoltre, un’alta anzianità di servizio nella funzione di responsabili degli uffici e uno scarso ricorso al turn-over. Da 17 anni sette Regioni hanno a Roma lo stesso capufficio. La percentuale, poi, dei dirigenti regionali presenti nella capitale (l’11% dell’intero organico) è da record così come l’attività di «aggiornamento e riqualificazione professionale» con un elevato numero di corsi di informatica, lingue, gestione dei protocolli e degli archivi, sicurezza sul posto di lavoro materie istituzionali e finanziarie, e, come si addice a funzionari di queste «piccole ambasciate», lezioni di comunicazione e sul cerimoniale.
La partecipazione massiccia ai corsi di aggiornamento prevede continui spostamenti da Roma alla sede centrale. Il personale di ogni ufficio romano, quindi, si reca frequentemente «in missione» nel capoluogo di provenienza, con notevoli costi a carico dell’amministrazione. Da Roma a Palermo o Torino, quindi, per studiare l’inglese e il «bon ton». Neppure un corso è stato organizzato a Roma congiuntamente dalle Regioni per tagliare le spese della riqualificazione.
Gli uffici di Roma delle Regioni e delle Province autonome sono tutti a poche centinaia di metri dalle Camere e dai ministeri. Un’ubicazione di eccellenza, in molti casi in prestigiosi palazzi storici. In otto hanno acquistato la sede (Abruzzo, Basilicata, Campania, Friuli, Lombardia, Molise, Sicilia e Provincia autonoma di Bolzano) gli altri sono in affitto con importi tra i 60 mila e i 100 mila euro, tranne la Liguria che nel 2003 pagava un canone ancora superiore per 380 metri quadri. In media la dimensione supera i 300 mq, con stanza riservata per il governatore, sala riunioni, stanza degli assessori, in qualche caso cucina e foresteria, stanze dei funzionari, garage (di proprietà o in affitto) e posti macchina. In molte sedi i locali «accessori» includono postazioni «ad hoc» per i dirigenti centrali e gli immancabili impianti per le videoconferenze con la sede centrale. E pazienza se tante Regioni non li usano mai.

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