giovedì 12 luglio 2007

Abusi & Sprechi

ARCOBALENO DI ACCUSE PER BARBERI: ABUSO D’UFFICIO, CONCUSSIONE, ASSOCIAZIONE A DELINQUERE, ATTENTATO AGLI ORGANI COSTITUZIONALI….

Articolo di Francesca Folda per Panorama in edicola domani.
Franco Barberi è sotto inchiesta per abuso d’ufficio, concussione, associazione a delinquere. E addirittura per l’articolo 289 del Codice penale, ovvero attentato agli organi costituzionali. Un reato gravissimo, contestato una manciata di volte in tutta la storia repubblicana. Ci sono voluti due anni di indagini serrate per passare dal caos organizzativo della Missione Arcobaleno agli odierni scenari di complotto politico-economico.
(Missione Arcobaleno)
In principio fu l’inchiesta di Panorama sui container di aiuti per il Kosovo lasciati marcire al porto di Bari. Seguirono le immagini shock del saccheggio nel campo profughi di Valona, le indagini governative, penali e contabili. L’amarezza degli italiani che avevano partecipato alla grande operazione umanitaria si è stemperata nell’illusione che «il fiore all’occhiello» del governo D’Alema fosse appassito per colpa di «quattro mariuoli» e della solita approssimazione organizzativa. Non è così.
La prova è nelle otto paginette notificate proprio in questi giorni dalla Procura di Bari a Barberi, che nel corso dell’emergenza Kosovo era sottosegretario al ministero dell’Interno con delega alla Protezione civile: il gip Daniela Rinaldi lo informa che il sostituto procuratore Michele Emiliano ha chiesto di continuare a indagare sul suo conto. Barberi è stato iscritto nel registro degli indagati fin dal 3 gennaio 2001. E non è solo. L’atto giudiziario, che nei fatti equivale a un avviso di garanzia, ha raggiunto anche otto imprenditori e 14 persone a vario titolo collegate alla Protezione civile. Sulla notifica, che Panorama ha letto, si trovano solo i dati anagrafici di chi è sotto inchiesta, la data dell’iscrizione nel registro degli indagati e gli articoli del codice contestati. Nulla di più. Ed è inutile chiedere a Bari chiarimenti su accuse tanto gravi. Il procuratore Emiliano si trincera dietro un no comment. Va ricordato che questi atti giudiziari non sono prove di colpevolezza, anzi. Tuttavia, la gravità e l’entità delle accuse risultano davvero inaspettate.
(Missione Arcobaleno)
Per capire dove è arrivata l’indagine nata dallo scandalo Arcobaleno non resta che scorrere l’elenco degli indagati. Tra i nomi spicca quello del prefetto Anna Maria D’Ascenzo, nominata capo del dipartimento di Protezione civile nell’agosto 2000, proprio mentre la magistratura indagava su quell’ufficio: il pm ipotizza che perfino lei abbia avuto un ruolo nell’associazione a delinquere, ma visti i tempi dell’inchiesta l’iscrizione nel registro degli indagati potrebbe essere un atto dovuto. Più delicata la posizione di altri funzionari pubblici. Condividono con Barberi l’accusa di attentato agli organi costituzionali, concussione e associazione a delinquere il suo attuale braccio destro, Roberto Giarola, dipendente della Protezione civile con un contratto dirigenziale a tempo determinato da circa 200 milioni l’anno, e l’ex coordinatore nazionale della Cgil funzione pubblica Vigili del fuoco, Fabrizio Cola. Barberi lo avrebbe voluto nel consiglio direttivo della nascente Agenzia di protezione civile, ma sulla sua nomina, poche settimane fa, è arrivata la bocciatura della Corte dei conti per la mancanza dei titoli necessari a ricoprire quell’incarico. I Vigili del fuoco hanno anche un altro illustre rappresentante tra gli indagati per corruzione e turbativa d’asta: Alberto D’Errico, un dirigente generale del corpo, fino all’estate 2000 distaccato alla Protezione civile dove è stato capo dipartimento reggente prima della nomina del prefetto D’Ascenzo.
(Missione Arcobaleno)
Ci sono poi i nomi già finiti sui giornali: il responsabile della missione in Albania, Massimo Simonelli, il capo del campo profughi saccheggiato, Luciano Tenaglia, e i loro collaboratori Silvia Lucatelli e Alessandro Mobono. Furono arrestati a gennaio 2000 per le ruberie compiute a Valona e scarcerati per scadenza dei termini di custodia cautelare: la loro posizione si è aggravata nel corso dei mesi e adesso sono tutti sospettati anche di associazione a delinquere; Simonelli e Tenaglia, in più, di abuso d’ufficio, falso e truffa.
Ma è esaminando i nomi e l’attività di alcuni degli imprenditori indagati che si intuisce quali possano essere stati i presunti affari sporchi all’ombra non tanto di Arcobaleno, ma di tutte le emergenze gestite dalla Protezione civile.
(Missione Arcobaleno)
Gli unici nomi che rimandano direttamente all’operazione umanitaria sono quelli di Salvatore Tafuro e Walter Tilli. Il primo è un imprenditore edile della provincia di Lecce, indagato per falso, truffa e abuso d’ufficio: era già apparso sui giornali all’inizio dell’inchiesta perché in società con Rhami Isufi, il presunto boss di Valona che assicurava (praticamente in regime di monopolio) i rifornimenti al campo profughi della città e ospitava nel suo hotel, il Bologna, gli italiani in missione in Albania. Tilli, invece, vive e lavora a Caserta dove ha un’avviata impresa di trasporto merci che si occupa anche di manutenzione e costruzione di strade e piazzali, di revisione e rimessaggio di roulotte e moduli abitativi (i container che offrono un tetto agli sfollati nelle emergenze): c’erano le insegne della Tilli sui mezzi che in Albania trasportavano i container pieni di aiuti.
(Missione Arcobaleno)
Sconosciuto alle cronache è Emanuele Rimini, classe 1945 (sotto inchiesta anche per associazione a delinquere), che con i suoi due figli, Sarah e David, copre cariche di rilievo in una galassia di società che fanno capo al gruppo The Bridge: una srl che, secondo i dati registrati dalla camera di commercio, si occupa di «consulenza aziendale nel settore aeronautico, nautico e agroalimentare». Eugenio Suppa, 38 anni, è invece l’amministratore delegato della Esseciesse Italia che a Biella produce «abiti tecnici e dispositivi di protezione individuale»: divise e tute come quelle utilizzate da Vigili del fuoco e Protezione civile. Luigi Matacena, 36 anni, è l’amministratore unico della Matacena distribuzioni srl, una società con sede a Napoli che produce, noleggia, collauda e cura la manutenzione di attrezzature e vestiario antinfortunistici e antincendio, come estintori, tute, bombole, oltre che veicoli speciali per la Protezione civile. Non solo: organizza corsi di formazione per squadre antincendio. Stesso campo di azione per la Tacconi spa, la società di Pavia presieduta da Paolo Alberto Sarchi, 60 anni: progetta e realizza «dispositivi di protezione individuale, abbigliamento e articoli da casermaggio e tecnici, attrezzature di sicurezza per il campo civile e militare». La Tacconi fa parte del gruppo Fratelli Sarchi che, come si legge sul sito Internet dell’azienda, fattura 80 miliardi e ha 350 dipendenti.
Tutti imprenditori che dovrebbero essere per molti aspetti in concorrenza tra loro, eppure si ritrovano affiancati, oltre che nella notifica giudiziaria con le accuse di corruzione e turbativa d’asta, anche nell’elenco dei soci sostenitori di Cesar, il Centro studi aeronautici e ambientali. Si tratta di un’associazione senza fini di lucro, nata a Milano nel maggio ‘98, che si vanta di essere consulente del dipartimento di Protezione civile. La sede è in via Turati 6 a Milano, lo stesso indirizzo del gruppo The Bridge: Emanuele Rimini, il rappresentante legale del Cesar, nello statuto compare tra i soci fondatori. Con una compagnia sorprendente: Fabrizio Cola, il sindacalista dei Vigili del fuoco accusato con Barberi di attentato alla costituzione.
(Missione Arcobaleno)
Che l’inchiesta del procuratore Emiliano possa concentrarsi proprio sul Cesar è più di un sospetto. Attorno al Centro studi, sostenuto da aziende che operano nel campo della protezione civile e del servizio antincendio, ruota un ampio giro d’affari. E l’associazione non profit offre consulenze (pagate decine di milioni) a Barberi e al suo ufficio per suggerire interventi, acquisti e operazioni ottimali. Un caso tra tutti: il «Rapporto sull’appalto di dispositivi di protezione individuale, unità mobili economiche ed efficienti, attrezzature accessorie impiegate negli interventi di protezione civile». Ovvero 240 pagine di indicazioni sulla «corretta politica di acquisto per la Pubblica amministrazione», come si legge nel documento pubblicato anche su Internet. Senza contare le «circolari» che il Cesar ha recapitato ad associazioni di volontariato e municipalizzate per spiegare quanto siano importanti tute e divise ignifughe, caschi protettivi, scarponcini speciali. E quanto sia conveniente noleggiarli. Inutile dire da quali aziende.

1 commento:

Unknown ha detto...

per tato tempo ho lavorato come vigile del fuoco discontinuo ,dopo tanti anni di lavoro precario ,sono stato chiamato per fare le visite mediche e quindi entrare come permanente ,fatte le visite sono stato chiamato per sostenere n' 6 mesi di corso ,ma purtroppo mentre effettuavo detto corso mi sono infortunato fatta domanda di causa di servizio e mentre stavo effettuando terapie mi e' stata mandata la lettera di licenziamento ,ora la causa mi e' stata riconociuta ma l'amministrazione non intende darmi la possibilita' di rifare il corso ,come posso comportarmi per coronare il mio sogno fatemi sapere grazie