E-Polis
Non si era mai visto che un incontro decisivo tra governo e sindacati per decidere le sorti di un grande gruppo industriale, anzi di uno degli ultimi gioielli di famiglia, la Fincantieri, sia fatto saltare letteralmente all'ultimo minuto e la decisione di privatizzare la cantieristica italiana di avanguardia sia inserita nel Dpef.
E' successo il 28 giugno: sindacalisti esclusi da Palazzo Chigi e Consiglio dei ministri che delibera la quotazione in borsa del gruppo.
E' paradossale poi, date le condizioni di salute di un'impresa che dispone di ben 8 cantieri navali, due sedi di progettazione, un centro di ricerca, una società di sistemistica e una fabbrica di motori per un totale - tra diretti, appalti e indotto - di 25/30mila lavoratori.
Parliamo di 7 anni di risultati economici positivi che hanno prodotto un'accumulazione di riserve senza precedenti, consentendo perfino nuove acquisizioni oltre a dividendi per l'azionista; nessun indebitamento con le banche; un posizionamento competitivo importante nel settore delle navi da crociera; un portafoglio di ordini di 16 miliardi di euro, mai raggiunto in precedenza: Qui non si sta parlando di Alitalia: Eppure la pervicacia con cui il Tesoro persegue la linea di svendita del patrimonio produttivo può spiegare anche perché non si è voluto rilanciare la stessa compagnia di bandiera.
![](http://www.nautica.it/superyacht/524/fincantieri/marcopolo1.jpg)
L'amministratore delegato di Fincantieri aveva sottoposto la quotazione in borsa a Tremonti, ma è riuscito nel suo intento solo con Padoa Schioppa.
Nonostante scioperi, manifestazioni nazionali, una petizione di massa e alcune, evidentemente solo simboliche, minacce di crisi di governo da parte della "sinistra radicale". Voto unanime al Cdm e sindacati fuori dalla porta. E se l'avesse fatto Berlusconi ?
Giorgio Malabarba (Associazione sinistra critica)
Fonte: http://www.epolismilano.it/
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