giovedì 5 luglio 2007

Raffaele Fitto

Lo stop alla richiesta dei magistrati baresi dalla Giunta per le autorizzazioni a procedere di Montecitorio
Niente arresto per Raffaele Fitto

Toni Mirabile
La Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera, all’unanimità, ha detto no alla richiesta di arresti domiciliari nei confronti dell’ex presidente della Regione Puglia Raffaele Fitto. Ora deputato di Forza Italia, Fitto è accusato di falso, di concorso in corruzione e finanziamento illecito ai partiti nell’ambito della vicenda relativa alle 11 residenze sanitarie assistite assegnate al gruppo Tosinvest-San Raffaele di Roma.
Fitto, che con una lettera inviata al presidente della Giunta Carlo Giovanardi prima della decisione della Giunta di Montecitorio, aveva chiesto che l’organismo parlamentare dicesse sì all’autorizzazione, ha annunciato che riproporrà la questione all’Aula. «Non posso rinunziare all’immunità -ha sottolineato l’ex governatore della Puglia- posso solo chiedere. Così come l’ho chiesto alla Giunta, che ringrazio nel presidente e in tutti i suoi componenti per le modalità e la correttezza con cui ha esaminato il caso, non posso che ribadire la non revocabilità della mia richiesta che con la stessa determinazione riproporrò all’Aula». L’Assemblea della Camera dovrebbe discutere il caso per la decisione definitiva la prossima settimana.
Soddisfatte le reazioni alla determinazione della Giunta parlamentare. «Prendiamo atto con soddisfazione che la Giunta ha respinto all’unanimità la richiesta di arresto nei confronti dell’onorevole Fitto», ha affermato in una nota Elio Vito, presidente dei deputati di Forza Italia. «D’altra parte Raffaele Fitto - ha proseguito il capogruppo azzurro - con la sua dichiarazione di disponibilità a rinunciare all’immunità, ha compiuto una scelta di grande dignità personale e di profondo significato politico». Apprezziamo la disponibilità dell’onorevole Fitto a rinunciare all’immunità, ha aggiunto il vicepresidente vicario del gruppo di Fi alla Camera e componente della Giunta per le autorizzazioni a procedere Antonio Leone, «ma va detto che le decisioni della Giunta in materia, così come quelle dell’Aula, non sono legate alla volontà e ai desiderata del singolo parlamentare. Esse debbono essere il frutto del convincimento che si opera esclusivamente per la tutela della intera Istituzione». Le ragioni dell’onorevole Fitto, ha proseguito Leone, «sono la diretta conseguenza della sua onestà e integrità morale, ma l’Aula dovrà procedere comunque per maturare una decisione in piena autonomia e senza condizionamenti, come già avvenuto oggi in Giunta. Nella decisione all’unanimità -ha spiegato Leone - non c’è stato nessun accordo tra le forze politiche, ma ciascun gruppo ha deciso nella propria autonomia».

Ieri è tornato in libertà l’imprenditore Gianpaolo Angelucci, che era stato arrestato nell’ambito dell’inchiesta sulla sanità della Procura di Bari nella quale è coinvolto anche l’ex presidente della Regione Puglia. L’inchiesta riguarda una presunta tangente da 500 mila euro che sarebbe stata versata al movimento politico di Fitto in cambio dell’appalto da oltre 190 milioni di euro per la gestione di 11 residenze sanitarie assistite.
Angelucci, come proposto agli stessi pm e al gip nel corso dell’interrogatorio di garanzia, aveva depositato su un conto corrente vincolato al processo 55 milioni di euro, corrispondente alla somma considerata dai pm della Procura barese Renato Nitti, Lorenzo Nicastro e Roberto Rossi e dallo stesso gip come l’equivalente del profitto del mega-appalto. Con la revoca dei domiciliari, il dissequestro delle quote di capitale delle 11 cliniche dove lavorano circa 4 mila dipendenti.
Secondo i pm il fatto che le società del gruppo Tosinvest (di cui è maggiore azionista Angelucci) hanno regolarmente registrato in bilancio le loro erogazioni alla lista di Fitto «La Puglia prima di tutto», non sarebbe sufficiente per renderle lecite. I magistrati, come ha riportato il giornale on line Il velino, ammettono che la legge 195 del 1974 consente, all’articolo 7, una deroga a ogni divieto di sostegno ai partiti se appunto tale contributo è «previamente deliberato dall’organo sociale competente e regolarmente iscritto in bilancio». Ma poi sostengono che una modifica a quella norma (mediante la legge 658 del 1981) avrebbe stabilito che per chi si candida alle elezioni regionali (ed è il caso appunto di Fitto nel 2005) sarebbe sempre e comunque vietato ogni finanziamento da parte di società o privati.
Insomma, secondo loro, per l’ex governatore non si applica quella deroga del quarto comma della legge precedente che appunto esclude la violazione per chi mette a bilancio le sovvenzioni. Per quello che riguarda invece il reato di corruzione (che per i magistrati è fortemente connesso a quello di finanziamento illecito) la procura sostiene, sulla base di sentenze della Cassazione, che esso si configura «ogni qualvolta la dazione in favore del pubblico ufficiale costituisca il compenso del favore ottenuto, a nulla rilevando che si sia trattato di un contributo a fini elettorali, né che la stessa sia avvenuta a distanza di tempo dalla formazione dell’atto».
[Data pubblicazione: 13/07/2006]
fonte: http://www.lapadania.com/

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