lunedì 9 luglio 2007

Svendite

SME: UN GIGANTE CHE ATTIRAVA MOLTI APPETITI Il 19 luglio 1986, una sentenza della prima sezione del tribunale civile di Roma apre il caso. Il contratto per la cessione della Sme, la finanziaria alimentare nelle mani dello Stato, alla Buitoni di Carlo De Benedetti è sostanzialmente nullo. La privatizzazione di uno dei bocconi più appetibili della presenza pubblica nel economia italiana prende un'altra direzione. Quindici mesi prima, il 29 aprile del 1985, l'allora presidente dell'IRI (poi presidente del Consiglio ed attuale presidente della Commissione europea) Romano Prodi e il presidente della Buitoni avevano trovato un accordo: Buitoni acquistava la partecipazione dell'IRI nella Sme per 497 miliardi di lire (256 milioni di euro di allora).
E' un passaggio chiave che conclude un'operazione iniziata da De Benedetti un anno prima. Con un'audace colpo di scena, l'ingegnere dell'Olivetti ha bruciato sul tempo i francesi di BSN Gervais Danone, sicuri si avere l'affare in tasca grazie all'appoggio di Mediobanca, e si è assicurato la Buitoni. Un gruppo la cui situazione finanziaria non è fiorente ma che già a fine '85 metterà a bilancio un attivo di 448 milioni di lire rispetto ai forti passivi del biennio precedente e che conta su un fatturato consolidato di 1176,6 miliardi di lire. Il disegno di De Benedetti è semplice quanto ambizioso: creare un polo alimentare italiano privato, di dimensioni tali da poter rivaleggiare con i grandi concorrenti stranieri, cedendo eventualmente alcuni brand con un abile spezzatino azionario. Buitoni punta la Sme per questo: con 3mila miliardi di lire di fatturato e 18mila dipendenti, Sme controlla marchi di prestigio come Cirio, Motta Alemagna, Bertolli, Charms, Sanagola. Offre accesso al settore alimentare ma anche della distribuzione (GS supermercati) e della ristorazione (Autogrill). Un progetto che non può non ricevere avvallo politico per andare in porto.

SME: UNA PRIVATIZZAZIONE A OSTACOLI
L'accordo Prodi - De Benedetti, tuttavia, contiene una clausola - trappola per l'Ingegnere: l'esecuzione del contratto dipende dall'ok del Cda dell'IRI, che arriva il 7 maggio '86 "salvo l'autorizzazione dell'autorità di governo". Ma il 24 maggio arriva all'IRI un'altra proposta di acquisto della Sme: la presenta l'avv. Italo Scalera, che non rivela il committente, e la cifra offerta è maggiore, 550 miliardi. Appena 3 giorni dopo, il 27, il Comitato Interministeriale per il coordinamento della Politica Industriale delibera a favore della privatizzazione della Sme e detta le condizioni per la sua cessione: garanzia della non alienazione a gruppi stranieri della partecipazione "per un congruo numero di anni", rispetto dei programmi di investimento e dei livelli occupazione definiti dal governo.
Inizia una settimana cruciale per l'avvenire della Sme, che in Borsa viene sospesa a più riprese dalla Consob: dal 29 maggio al 6 giugno l'IRI riceve 3 nuove offerte per la Sme. La prima è della Iar: una società costituita da Barilla, Ferrero, Berlusconi, Conservitalia. La seconda è della Cofima, società di imprenditori campani guidata dal napoletano Fimiani. La terza è della della Lega delle Cooperative. Scalera esce di scena.
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fonte: http://www.rainews24.rai.it/ran24/speciali/irisme/sme_privatizzazione.htm

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