venerdì 1 giugno 2007

Svendita patrimoni dello stato

Dobbiamo sapere certe cose dai giornali esteri?, mi chiede il lettore che mi manda un articolo del Telegraph, di cui lo ringrazio.
Mi limito a tradurlo, a scanso querele:

«Gli italiani brontolano che è la Goldman Sachs a gestire il loro Paese, come i gesuiti governavano durante la Controriforma (sic).
Il premier Romano Prodi è un ex Goldman Sachs, così come il presidente della Banca Centrale Mario Draghi e il vice-capo del Tesoro Massimo Tononi.

Il prezzo di avere tanti amici a corte è che la celebre banca, inevitabilmente, viene implicata negli scandali finanziari che così spesso turbinano attorno alla classe politica italiana.
Dal mese scorso, Goldman Sachs è trascinata in un'inchiesta per corruzione, che si allarga sempre più, riguardante la fusione Siemens-Italtel e risalente alla metà degli anni '90.
L'indagine è arrivata a lambire in modo imbarazzante Mister Prodi, che è stato nel libro-paga Goldman Sachs dal 1990 al 1993, e poi di nuovo nel 1997 dopo la sua prima prova come primo ministro.
L'inchiesta è solo una delle varie indagini in corso in tutta Europa a proposito di una rete di conti neri, del valore di 400 milioni di euro, usati da Siemens per ungere le ruote.
Gli inquirenti di Bolzano sostengono di aver scoperto un pagamento di Siemens di 10 milioni di marchi tedeschi ad un conto Goldman Sachs a Francoforte nel luglio 1997.
Da qui, il denaro è rimbalzato più volte nel mondo, spedito da Londra e Tokio prima di tornare in Germania in forma di yen, secondo il giornale finanziario Il Sole.
Un funzionario di Goldman Sachs, interrogato all'inizio del mese, ha detto che il pagamento di 10 milioni di marchi è stato fatto per una «terza parte sconosciuta».
La Guardia di Finanza ha perquisito la sede di Milano di Goldman Sachs a febbraio, dove ha sequestrato, fra altre carte, un dossier intitolato «M Tononi/memo-Prodi 02.doc»; ha anche messo le mani su una lettera spedita alla Siemens dall'ufficio francofortese di Goldman Sachs nel 1993, che esponeva un buon affare a riguardo di Italtel.

A quel tempo, Italtel veniva privatizzata dalla «holding company» italiana di Stato, IRI, che Prodi aveva guidato negli anni '80 e che sarebbe tornato a guidare ancora prima di diventare premier nel 1994.
La lettera diceva: la «conoscenza dell'IRI e del suo management» da parte della Goldman Sachs «può essere di estrema importanza in una trattativa. Da marzo 1990 il nostro primo consulente in Italia è il professor Romano Prodi».
Si riferisce che Goldman Sachs si è poi assicurata il lavoro come consulente nella fusione Siemens-Italtel.
La banca ha rifiutato di commentare, sostenendo la confidenzialità della cosa.
«Rigettiamo ogni sospetto di improprietà delle nostre azioni e stiamo cooperando pienamente all'inchiesta con le autorità», dichiara.
La procura di Bolzano dichiara che Prodi non è nel mirino dell'inchiesta, anche se sta esaminando i compensi da lui ricevuti da Goldman Sachs.
Mister Prodi ha ricevuto 1,4 milioni di sterline tra il 1990 e il 1993 attraverso una società di Bologna chiamata «Analisi e Studi Economici», di cui è titolare insieme a sua moglie.
La segretaria della ditta ha poi detto al Daily Telegraph che molto di quel denaro veniva da Goldman Sachs.
Mister Prodi è perseguitato da accuse di aver svenduto patrimoni dello Stato ad amici e alleati politici.
L'affare più discusso è stato la vendita del gruppo alimentare Cirio-Bertolli-De Rica nell'ottobre 1993 alla Fi.Svi, una ditta-guscio.
Che immediatamente vendette il gruppo per 310 miliardi di lire (100 milioni di sterline) a Unilever, di cui Mister Prodi era stato consulente pagato fino a poche settimane prima.
Il Credito Italiano aveva valutato il gruppo tra i 600 e i 900 miliardi di lire.
Goldman Sachs era profondamente implicata in questa transazione.
Un memorandum dell'ufficio di Londra della banca, inviato alla Unilever a Milano in data 24 agosto 1993 e stampigliato «strictly confidential», discute l'affare in lungo e in largo e suggerisce il coinvolgimento di Mister Prodi, cosa che quest'ultimo ha sempre negato.
«La Fi.Svi chiamerà Prodi per avere il suo pieno appoggio nella discussione con Unilever», vi si legge.
Una procuratrice di Roma, Giuseppa Geremia, ne trasse la conclusione, nel novembre 1996, che c'erano indizi sufficienti per incriminare Mister Prodi per conflitto d'interesse.

Ma a quel tempo lui era già primo ministro; l'iniziativa della magistrata suscitò una tempesta.
La signora Geremia ha detto al Telegraph che il suo ufficio fu «visitato» da ignoti.
Il caso fu chiuso nel giro di settimane dai suoi superiori, e lei fu esiliata in Sardegna.
Accuse di malversazione contro figure pubbliche devono essere prese con le molle in Italia, dove le lotte politiche vengono spesso decise per via giudiziaria penale.
«Goldman Sachs è trascinata in questa cosa da politici di destra che mirano a Prodi. E' un processo fatto sui giornali», dice un osservatore.

Beh, che dire?
La notizia circola anche in Italia, caro lettore.
Ne ha parlato Il Giornale, ne ha parlato 24 Ore.
Ma forse non hanno raccontato la faccenda nella limpida prosa britannica.
Fatto sta che l'indagine non ha suscitato tutto quello scandalo, interesse e protesta che avrebbe dovuto e potuto, se - poniamo - ci fosse stato di mezzo il Berlusca.
Il Corriere ha tenuto basso il tutto, e così Repubblica, e così L'Unità.
E come ai bei tempi di Guareschi, quando «L'Unità non lo dice», vuol dire che il fatto non è avvenuto.
Nessuno scandalo verrà mai alla luce: la magistratura veglia.
Come testimoniano quelle poche, interessanti righe sulle disavventure della procuratrice Giuseppa Geremia: gli uffici frugati da ignoti in cerca di documenti da far sparire, il superiore che chiude l'inchiesta in fretta, e «sbatte in Sardegna» la malcapitata.
Molto italiano.
Molto italiota.
Molto «cattolico adulto».

Maurizio Blondet

Fonte:
Ambrose Evans-Pritchard, «Italians claim country run by investment bank», Daily Telegraph, 29 maggio 2007.

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