lunedì 18 giugno 2007

Onorevoli Wanted

Introduzione
di Peter Gomez e Marco Travaglio

Nel 79 dopo Cristo l’eruzione del Vesuvio sommerge Pompei in piena campagna elettorale. Ancor oggi, sui muri della città pietrificata dalla lava, si possono leggere, perfettamente conservati, gli slogan di quella vigilia del voto. «Vi prego di eleggere Lucio Rusticelio Celere, è degno della municipalità». «Geniale invita a votare Bruttio Balbo, conserverà la cassa municipale». «Vi prego di eleggere Giulio Polibio edile, fa del buon pane». Cose cosí. Del resto, l’etimologia della parola «candidato» deriva dalla veste bianchissima indossata dal cittadino che si presentava al popolo per farsi eleggere a una carica pubblica. La «candida». Immacolata. Simbolo di innocenza, di purezza, di pulizia, di sincerità. Nella politica italiana di oggi, la candida è andata fuori moda. E anche il suo colore. A furia di parlare di «quote rosa», si rischia di trascurare una rappresentanza parlamentare ben piú rappresentativa, o ben piú rappresentata: quella degli eletti nei guai con la giustizia. Le «quote marron». I «diversamente onesti». Nella scorsa legislatura, fra Camera, Senato e Parlamento europeo, i soli pregiudicati erano 25, senza contare i condannati in primo e/o secondo grado, gli imputati rinviati a giudizio, gli indagati e i miracolati da prescrizioni, amnistie e leggi salvaladri. Nella nuova legislatura, fra conferme, bocciature e new entry, abbiamo mantenuto la quota di 25 condannati definitivi, piú 57 esponenti delle altre categorie penali: totale 82, ai quali vanno aggiunti i politici che prendevano soldi da Parmalat e che – come vedremo – incredibilmente non sono stati chiamati a risponderne (salvo un paio di eccezioni). Il che significa che, su 900 e rotti parlamentari, una novantina ha seri problemi con la legge. Uno su dieci. E la percentuale del 10 per cento è decisamente eccessiva anche per le aree piú disagiate del paese. Non esiste quartiere a rischio, o periferia metropolitana in cui un abitante su dieci sia stato condannato o sotto processo. In Parlamento sí, tant’è che forse varrebbe la pena dirottare i presunti «poliziotti di quartiere» lontano da quelle zone ingiustamente screditate, per impiegarli piú utilmente al pattugliamento delle aule parlamentari, dove statisticamente si rileva la presenza piú massiccia di devianza criminale.

Un tempo i condannati si dedicavano a lavori socialmente utili, come intrecciare cestini di vimini, per reinserirsi nella società. In Italia, da un certo censo in su, i condannati entrano in Parlamento. Una condanna, provvisoria o meglio ancora definitiva, ma anche un rinvio a giudizio, e persino un avviso di garanzia, fanno curriculum.
Il tutto in un paese dove chi ha un parente condannato non può fare il carabiniere. E chi è condannato in proprio non può fare il vigile urbano né il segretario comunale. Ma il parlamentare sí. Appena un facchino dell’aeroporto di Linate viene sospettato di metter le mani nei bagagli dei viaggiatori, o un dipendente dell’Anas finisce sotto inchiesta per qualche irregolarità, le rispettive società giustamente lo licenziano in tronco. Ma se sotto inchiesta o sotto processo ci finiscono i dirigenti delle società medesime, allora scatta il garantismo selettivo: presunzione d’innocenza fino alla sentenza di Cassazione, e poi di solito non accade nulla nemmeno quando questa arriva. Ogni anno la Corte dei conti segnala la presenza, nelle amministrazioni dei vari ministeri, di centinaia di condannati (non solo per reati contro la Pubblica amministrazione, ma anche per violenza sessuale e per pedofilia) e non c’è verso di mandarli a casa. Idem per il Parlamento: chi corrompe i giudici o aiuta la mafia o incassa tangenti a tutto spiano e poi (ma anche prima) ha l’accortezza di rifugiarsi in una delle due Camere, diventa intoccabile. Come i furfanti nelle chiese e nei conventi del Medioevo. La legge proibisce ai condannati a pene complessivamente superiori a 2 anni per delitti contro la Pubblica amministrazione di candidarsi nei consigli comunali, provinciali e regionali; e prevede la sospensione degli eletti nei tre enti locali in caso di condanna al primo grado, e la loro decadenza in caso di condanna passata in giudicato. La regola, però, non vale per i parlamentari, per i ministri, per i presidenti del Consiglio. Una strana dimenticanza che ha una sola spiegazione: le leggi non le fanno i consigli comunali, provinciali e regionali. Le fa il Parlamento. Cosí i condannati che non possono piú metter piede negli enti locali trasmigrano alla Camera, al Senato, al Governo e all’Europarlamento. Lí si può tutto. Non si butta via niente.
Spesso ci raccontano che «abbiamo la classe politica che ci meritiamo». Può darsi che sia cosí, anche se le elezioni dovrebbero servire a selezionare il meglio che c’è in giro, non il peggio. Altrimenti i parlamentari, anziché eleggerli con gran dispendio di denaro e di energie, tanto varrebbe sorteggiarli. Cosí, in un paese che ha tre regioni e mezza controllate dalla criminalità organizzata, verrebbe garantita un’adeguata rappresentanza anche alla mafia, alla camorra, alla ’ndrangheta, alla Sacra corona unita. Senza contare altri fenomeni criminali di un certo peso: pedofilia, stupri, furti, scippi, rapine, traffici di droga, di armi, di carne umana, terrorismo e cosí via. Ma forse la democrazia non è questo. Non è neppure andare a votare a scadenze piú o meno regolari. Democrazia è votare sapendo tutto di chi ci chiede il voto. In Italia, per i noti fattori che inquinano l’informazione, soprattutto televisiva, questo è impensabile. E la nuova legge elettorale (proporzionale senza preferenza) ha di gran lunga peggiorato le cose, espropriando gli elettori del diritto di scelta. I cosiddetti «eletti» vengono in realtà nominati a tavolino dai segretari di partito, che decidono chi andrà in Parlamento e chi no a seconda dell’ordine in cui i singoli candidati vengono inseriti nelle liste. Il tutto ben prima che il presunto «popolo sovrano» si rechi alle urne: in quel momento ormai i giochi sono fatti, e all’elettore non resta che vidimare con il suo voto una scelta fatta da altri, altrove, in precedenza, in base a criteri piú o meno imperscrutabili. Il candidato in pole position non ha alcun motivo per incontrare i suoi potenziali elettori e per convincerli a votarlo, visto che ha già la poltrona assicurata. Quello in mezzo o al fondo della lista, idem: ha la bocciatura assicurata. Cosí le liste diventano inutili crittogrammi che si possono tranquillamente dare per letti: l’elettore infatti non ha alcuna possibilità di premiare il candidato meritevole e di punire il non meritevole. Si sceglie la lista, a scatola chiusa.
Del resto nessuno può sapere chi sono, che storia hanno, che cosa han fatto o non fatto i personaggi che compaiono negli elenchi. Per scoprire quante liste, per dire, non contengono condannati o indagati, bisogna connettersi con il blog di Beppe Grillo. O andare a vedere uno spettacolo di Daniele Luttazzi o di Sabina Guzzanti. Insomma rivolgersi ai comici, gli unici rimasti a parlare di cose serie in Italia. Maurizio Crozza, altro comico, ha chiesto che la scheda elettorale contenga, come il menu dei ristoranti per il pesce surgelato, un asterisco di fianco ai candidati nei guai con la giustizia e un rimando a piè di pagina con le imputazioni complete. In attesa che venga varata la sacrosanta (e dunque impossibile) riforma, abbiamo pensato di provvedere noi con questo libro. Le informazioni che contiene non si trovano, purtroppo, nella «Navicella», la raccolta delle biografie ufficiali dei nostri parlamentari. Per le «quote marron» occorre una contro-Navicella, che abbiamo intitolato «Onorevoli Wanted». Oltre ai condannati e ai prescritti definitivi, la cui posizione giudiziaria non potrà piú mutare, abbiamo inserito anche i condannati provvisori, i rinviati a giudizio e i semplici indagati: questi, da un momento all’altro, potrebbero pure essere assolti, o prosciolti, o archiviati, o a loro volta prescritti. E, a questo proposito, tre avvertenze s’impongono. Primo. Prescrizione non è sinonimo di assoluzione, anzi è il contrario: quando il giudice prescrive il reato, vuol dire che il reato c’è stato e l’indagato l’ha commesso, ma non può piú essere sanzionato. Il prescritto, dunque, non è un innocente: è un colpevole miracolato. E chi non vuole uscire dal processo con la scappatoia della prescrizione può rinunciarvi (come del resto all’amnistia) e chiedere di essere processato e assolto nel merito. Ma, per farlo, conviene essere innocenti.
Secondo. I lettori troveranno una bella galleria di personaggi e un variopinto campionario di reati, quasi tutti estranei all’attività politico-parlamentare. Il solo delitto che abbiamo tenuto fuori dalla lista degli indagati è la diffamazione, anche se non sempre attiene alla sfera delle opinioni (e in ogni caso è giusto che il parlamentare che ha infamato un cittadino venga processato senz’alcuna immunità o insindacabilità). Ci siamo concessi però un’eccezione: quella del senatore Lino Jannuzzi, che della diffamazione dei migliori magistrati d’Italia ha ormai fatto una professione; e quella dell’onorevole Giovanni Mauro, che a una condanna definitiva per diffamazione aggiunge tre condanne in primo grado per delitti ben piú gravi.
Terzo. Il fatto di comparire in questo libro non significa essere colpevoli. Significa semplicemente che, al momento dell’elezione, queste persone avevano sulle spalle quantomeno un pesante sospetto di aver violato la legge. Una condizione che, in un qualunque altro paese civile, ne avrebbe impedito o sconsigliato la candidatura e l’elezione. Nei paesi civili, infatti, chi finisce sotto inchiesta abbandona la politica, o almeno la carica che ricopre, in attesa di chiarire la sua posizione dinanzi alla legge. Se poi la chiarisce, dopo essersi difeso con le nude mani, senza coinvolgere il partito o le istituzioni che rappresenta, ritorna in campo. Altrimenti se ne resta a casa, o eventualmente in carcere. In Parlamento, meglio di no. Il Parlamento come alternativa all’ora d’aria non è un bello spettacolo. Non c’è nulla di peggio che vedere le Camere messe all’asta al miglior offerente (dal caso Parmalat al caso Fiorani-Fazio, dalle leggi-vergogna di Berlusconi & C. ai tanti scandali di Tangentopoli) per ottenere leggi su misura. Parafrasando una fortunata campagna della nettezza urbana a Milano, «il Parlamento è anche tuo: aiutaci a tenerlo pulito».

QUOTE MARRON

22
Dove sono
Camera 49
Senato 26
Parlamento europeo 7

Categorie penali*
Condannati definitivi (o patteggiamenti) 25
Prescritti definitivi 10
Assolti per legge** 1
Prosciolti per immunità*** 1
Condannati in I grado 8
Imputati in I grado 17
Imputati in udienza preliminare 1
Indagati in fase preliminare 19
Totale 82
* Quando un parlamentare ha piú processi, abbiamo registrato quello in fase piú avanzata (la prescrizione prevale sulle indagini in corso, ma non sulle condanne anche provvisorie).
** Il dato non tiene conto dei casi Berlusconi, Previti, Brancher e altri, usciti dai loro processi in base a leggi da essi stessi votate, perché rientrano anche in altre categorie penali per altri processi.
*** Si tratta della insindacabilità che ha salvato il leghista Speroni da un processo per reati ritenuti compiuti nell’esercizio delle funzioni parlamentari.

L’hit parade dei partiti
Forza Italia 29
Alleanza nazionale 14
Udc 10
Lega Nord 8
Movimento per l’autonomia 1
Dc 1
Psi 1
Gruppo misto**** 1
Totale Destra 65
Margherita 6
Ds 6
Udeur 2
Rifondazione comunista 2
Rosa nel pugno 1
Totale Sinistra 17

La classifica dei reati*****
Corruzione: 18
Finanziamento illecito: 16
Truffa: 10
Abuso d’ufficio, falso: 9
Associazione mafiosa: 8
Bancarotta fraudolenta, turbativa d’asta: 7
Associazione a delinquere, resistenza a pubblico ufficiale, falso in bilancio: 6
Attentato alla Costituzione, attentato all’unità dello Stato, struttura paramilitare fuorilegge: 5
Favoreggiamento, concussione, frode fiscale: 4
Diffamazione, abuso edilizio, lesioni personali: 3
Banda armata, corruzione giudiziaria, peculato, estorsione, rivelazione di segreti: 2
Omicidio, associazione sovversiva, istigazione a delinquere, favoreggiamento mafioso, aggiotaggio, percosse, violenza a corpo politico, incendio aggravato, calunnia, falsa testimonianza, voto di scambio, appropriazione indebita, violazione della privacy, oltraggio, fabbricazione di esplosivi, violazione diritti d’autore, frode in pubblico concorso, adulterazione di vini: 1

**** Andreotti, pur iscritto al Gruppo misto, è stato candidato del centrodestra alla presidenza del Senato.
***** Qui il totale dei reati non corrisponde a quello dei parlamentari «marron», perché abbiamo inserito tutti i reati di cui è accusato ciascuno, e molti devono rispondere di varie fattispecie delittuose.

Venticinque «diversamente onesti»:
condanne e patteggiamenti definitivi
1. Berruti Massimo Maria (FI): favoreggiamento.
2. Biondi Alfredo (FI): evasione fiscale (reato poi depenalizzato).
3. Bonsignore Vito (Udc): corruzione.
4. Borghezio Mario (Lega Nord): incendio aggravato.
5. Bossi Umberto (Lega Nord): finanziamento illecito e istigazione
a delinquere.
6. Cantoni Giampiero (FI): corruzione e bancarotta.
7. Carra Enzo (Margherita): falsa testimonianza.
8. De Angelis Marcello (An): banda armata e associazione sovversiva.
9. D’Elia Sergio (Rosa nel pugno): banda armata e concorso in omicidio.
10. Dell’Utri Marcello (FI): false fatture, falso in bilancio e frode fiscale.
11. Del Pennino Antonio (FI): finanziamento illecito.
12. De Michelis Gianni (Psi): corruzione e finanziamento illecito.
13. Farina Daniele (Prc): fabbricazione, detenzione e porto abusivo
di ordigni esplosivi, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni personali
gravi e inosservanza degli ordini dell’autorità.
14. Jannuzzi Lino (FI): diffamazione aggravata.
15. La Malfa Giorgio (FI): finanziamento illecito.
16. Maroni Roberto (Lega Nord): resistenza a pubblico ufficiale.
17. Mauro Giovanni (FI): diffamazione aggravata.
18. Nania Domenico (An): lesioni volontarie personali.
19. Patriciello Aldo (Udc): finanziamento illecito.
20. Pomicino Paolo Cirino (Dc): corruzione e finanziamento illecito.
21. Previti Cesare (FI): corruzione giudiziaria.
22. Sterpa Egidio (FI): finanziamento illecito.
23. Tomassini Antonio (FI): falso in atto pubblico.
24. Visco Vincenzo (Ds): abuso edilizio.
25. Vito Alfredo (FI): corruzione.

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